sabato 25 luglio 2009

Caso De Rubeis, i particolari delle intercettazioni telefoniche


Una brutta storia. Anzi, bruttissima. L’arresto di Bernardino De Rubeis, sindaco di Lampedusa, apre uno scenario giudiziario spropositato. Chi crede che la vicenda sia circoscritta all’indagine sulla pretesa concussione subita da Sergio Vella, si sbaglia di grosso. Troppi omissis contiene l’ordinanza di custodia cautelare per potere oggi affermare che la storiaccia lampedusana sia morta e sepolta. I giudici della Procura stanno vagliando le posizioni del presidente del Consiglio comunale, del comandante dei vigili urbani, dell’ingegnere capo dell’Utc, di alcuni assessori e consiglieri comunali. Troppo gravi sono le affermazioni contenute nelle intercettazioni per non pretendere ogni ulteriore riscontro. E poi si intuisce che anche la posizione di alcuni imprenditori viene monitorata con grande attenzione.

A Lampedusa per decenni alcuni pochi e soliti noti impresari hanno fatto il bello e cattivo tempo. Appalti miliardari (in lire) affidati a trattativa privata o, peggio ancora con un solo partecipante alla gara. I “boatos” di un imminente terremoto giudiziario a Lampedusa si sentivano da tempo. E quanto era nell’aria e sulla bocca di tutti si è avverato. La cattura di De Rubeis apre uno squarcio visibile e difficilmente rimarginabile nella storia delle Pelagie. Singolari e particolari sono i fatti che hanno caratterizzato l’inchiesta: l’imprenditore, Sergio Vella, che paga senza battere ciglio per poi ravvedersi, “fulminato” dalle parole del prefetto Postiglione. Si, perchè Vella ha deciso di collaborare con la giustizia dopo aver sentito il discorso del prefetto durante il ricevimento in occasione della festa della Repubblica, dello scorso 2 giugno. E d’accordo con Guardia di Finanza e magistratura, è stato imbottito di cimici e videocamera per incastrare De Rubeis. Ogni colloquio tra Vella e il sindaco veniva raccontato telefonicamente dal primo ad un ufficiale della Guardia di finanza. E paradossalmente, anche De Rubeis, ad ogni colloquio avuto con Vella, chiamava al telefono immediatamente il capitano dei carabinieri. Una partita a scacchi, snervante, insidiosa che si è risolta in favore dell’imprenditore.

L’ormai ex sindaco di Lampedusa aveva già fiutato il pericolo e – secondo la Procura – ha cercato di mettere le mani avanti chiamando l’ufficiale dei carabinieri. Ecco cosa scrivono i magistrati: conversazione del 13 luglio 2009 tra Bernardino De Rubeis e l’ing. Gabriele, capo dell’ufficio tecnico del Comune di Lampedusa e Linosa. “Dalla conversazione si evince la posizione di gestore anche dei mandati di pagamento ricoperta da Bernardino De Rubeis egli, senza fondata apparente ragione ma solo allo scopo di mettere in atto una sorta di ritorsione nei confronti di quei consiglieri comunali che, secondo le loro prerogative, chiedono informazioni in ordine ad attività della giunta in merito all’impiego delle risorse pubbliche, impone all’ingegnere di ritirare e bloccare i mandati di pagamento emessi dalla Banca d’Italia in favore delle imprese che hanno fornito servizi al comune di Lampedusa e Linosa, e ciò sulla scorta di motivazioni pretestuose circa l’esistenza di inesistenti errori formali. Il tecnico comunale si presta e dice che subito si recherà presso la Banca d’Italia per bloccare i mandati.

Dello stesso tenore è la conversazione, nel corso della quale Bernardino De Rubeis dice a Nina Parrinello di chiamare la Banca d’Italia per anticipare il blocco dei mandati di pagamento consegnati in mattinata dall’ing. Gabriele; Nina Parrinello acconsente ed aggiunge che i mandati di pagamento riguardano tre imprese, di cui una riconducibile a De Francisci, altra ad un ulteriore imprenditore e l’ultima, la Seap, a Sergio Vella. Conversazione del 10 luglio 2009 tra Bernardino De Rubeis e Giuseppe Asti, capitano della Compagnia dei Carabinieri di Agrigento.

Nuovamente, per la medesima ragione già specificata (tentativo di allontanare da se ogni sospetto), Bernardino De Rubeis effettua una telefonata al capitano Giuseppe Asti; come si evince dalla conversazione intercettata, egli è in preda ad evidente nervosismo e è altrettanto palese la paura di incontrare Sergio Vella, tanto da dire "io in galera nun ci voglio iri"; egli informa l’interlocutore di una lettera del Prefetto che, in ragione delle difficoltà finanziarie dell’impresa riconducibile a Sergio Vella e del rischio di licenziamento di numerosi suoi dipendenti, comunica di volersi adoperare per risolvere la questione del pagamento delle somme ad essa spettanti".
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