sabato 22 agosto 2009

La Procura indaga sulla nave maltese


Il procuratore di Agrigento Di Natale ipotizza l'omissione di soccorso
GUIDO RUOTOLO
INVIATO A LAMPEDUSA
Forse è stato solo un caso l’avvistamento del diportista. Può succedere, e la statistica non c'entra nulla. Ma quel cadavere riaffiorato ieri a sud di Linosa, è come se fosse un «corpo di reato» portato dalla difesa dei cinque disgraziati eritrei sopravvissuti, che hanno raccontato che la loro odissea si è trasformata in una tragedia, con la morte di oltre settanta compagni di viaggio, e l’omissione di soccorso dei maltesi che li hanno costretti a proseguire il loro viaggio verso Lampedusa.

Quel corpo recuperato a Linosa sembra un atto di pietà del mare verso tutte le vittime (negate) dell’immigrazione. Perché, probabilmente, quel cadavere potrebbe anche non rientrare nel computo dei morti di quest’ultima tragedia ma di un altro carico di «merce umana» inghiottito dal mare, senza che nessuno l’abbia finora saputo.

Titti la sopravvissuta, ancora non si è ripresa. Non mangia, è molto debole, non reagisce e i medici che l’hanno sotto osservazione al Cie, il Centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa, stanno valutando se trasferirla in un ospedale (cosa accaduta ieri sera. Anche un altro eritreo è stato trasferito all’ospedale di Palermo in elisoccorso). Gli altri quattro stanno meglio, anche se alcuni sono ancora febbricitanti. Ancora ieri, gli ufficiali della polizia giudiziaria li hanno interrogati. Perché vogliono ricostruire nei dettagli il viaggio del gommone. Tutti potranno essere trasferiti da Lampedusa, dopo il via libera concesso dal procuratore di Agrigento, Roberto Di Natale, in un centro della Sicilia, dal momento che i cinque «testimoni» dovranno essere interrogati dai magistrati che si occupano dell’indagine.

Il procuratore Di Natale ha ammesso che a questo punto il «fascicolo» aperto per favoreggiamento all’immigrazione clandestina contemplerà anche i reati di omicidio plurimo colposo e di omissione di soccorso: «Stiamo valutando il racconto dei cinque eritrei e non escludo la possibilità di attivare una rogatoria internazionale con Malta. Ipotizzando, appunto, l'omissione di soccorso. I fatti sono accaduti nelle acque internazionali di competenza delle autorità di La Valletta e teoricamente anche la magistratura maltese dovrebbe indagare....».

E già Malta, che fa la risentita. Che offre una sua versione dei fatti che contrasta con il racconto dei sopravvissuti e soprattutto con la storia recente. Quella dei respingimenti in mare nati dopo l’accordo siglato dal nostro ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e il suo omologo libico. E dall’intesa siglata dal Capo della Polizia, il prefetto Antonio Manganelli, e il suo omologo algerino. Dal 6 maggio al 13 agosto - questo è solo il bilancio dei numeri - sono stati soccorsi e riaccompagnati in Libia e in Algeria 810 extracomunitari. Mezzi navali delle Capitanerie di Porto e della Guardia di finanza, coordinati dal prefetto Rodolfo Ronconi, a capo del Dipartimento dell’immigrazione e della polizia di frontiera del ministero dell’Interno, in collaborazione con le forze navali libiche e algerine, hanno portato a termine complessivamente quattordici operazioni.

Quello che colpisce, e che smentisce nei fatti l’autoassoluzione di La Valletta, è che gran parte delle operazioni sono avvenute nelle acque internazionali di loro competenza, ovvero in quella zona di «ricerca e recupero» che Malta pretende di gestire con dichiarazione unilaterale e sulla quale, evidentemente, non interviene. Si trovavano proprio nelle acque di competenza maltese i primi 231 extracomunitari che i mezzi della Finanza e delle Capitanerie di Porto sbarcarono a Tripoli. Complessivamente, 11 dei 14 respingimenti sono avvenuti proprio in quello specchio di mare che dovrebbe pattugliare Malta, 2 in acque di competenza dell’Algeria, 1 di competenza libica.
lastampa.it